Un’indagine sulla ghiandola mammaria non può assolutamente prescindere dal coinvolgere il più ampio e misterioso ambito della psicologia umana, poiché il ruolo involontariamente svolto dalle nostre eroine, quali simbolo di prosperità e fecondità della specie, è di fondamentale importanza per l’iter comportamentale dell’individuo: la naturale attrazione del maschio nei confronti della femmina dalle forme prosperose e invitanti, è motivata dal fatto che quelle rotondità garantiscono la fertilità e sollecitano il suo stesso senso di mantenimento della razza. La Mammella ha da sempre condizionato la storia dell’uomo e influenzato in modo decisivo ogni sfera dell’agibile e dello scibile. Nel corso dei secoli l’evoluzione ideologica inerente le tette non ha risparmiato nessuna branca del sapere umano e, ad oggi, c’è da chiedersi di cosa mai parlerebbero gli uomini se esse non esistessero. Le tette continuano ad essere per loro una fonte inesauribile di giubilo, disperazione o spunto fondamentale per quei dibattiti in cui filosofeggiano sulla difficoltà di un ricongiungimento con le Tette Maestre. Ma niente paura: al di là delle preferenze e delle opinioni soggettive, tali dispute culminano in genere con l’unanime presa di coscienza che, piccole o grosse, a pera o a coppa, a pompelmo o a goccia, vere o finte, le tette piacciono comunque e in ogni salsa. È per questo che ad esse va il merito di fungere da collante sociale in grado di garantire la compattezza del genere maschile: le tette sono un bene aggregante e indispensabile da una prospettiva antropologico-ancestrale.










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